venerdì 30 maggio 2008

Su ALITALIA


Nella vicenda Alitalia, al di là delle chiacchiere, una cosa è certa: continuiamo a destinare soldi dei contribuenti a sostenere un carrozzone senza speranza.Con il primo decreto legge della nuova epoca consociativa, adottato in limine mortis dal governo Prodi sotto dettatura del vincitore alle elezioni, sono stati destinati ad Alitalia altri 300 milioni di euro.L'artificio del cosiddetto "prestito ponte" ha presto rivelato la sua vera natura di sussidio a fondo perduto: Alitalia è stata costretta dalla dimensione abnorme delle proprie perdite a considerare quel prestito come proprio capitale.Se mettiamo insieme i quattrini pubblici destinati all'Alitalia negli ultimi dieci anni, scopriamo che ci avremmo potuto comprare il controllo di una grande compagnia internazionale, quale ad esempio British Airways.Sotto il profilo del confronto con un utilizzo alternativo delle medesime risorse, il sostegno all'Alitalia si rivela quindi per quello che è: un gigantesco, irragionevole spreco.
Ma c'è un altro aspetto rilevante: quello distributivo.Da dove vengono le risorse destinate ad Alitalia?Dalle tasche dei contribuenti. I quali in molti casi non usano affatto l'aereo, perchè non possono permetterselo. Tassando tutti per trasferire risorse ad Alitalia, si tassano quindi anche i contribuenti più poveri. Per trasferire le risorse a chi?Parte dei sussidi sono destinati a consentire ad Alitalia di pagare di più i propri manager. Che certo non hanno redditi talmente bassi da meritare un sostegno pubblico, e che certo in questi anni non hanno dato grandi prove di sè.Parte dei sussidi consentono ad Alitalia di pagare un po' di più i propri dipendenti. La maggior parte dei quali gode di redditi maggiori rispetto alla media dei contribuenti tassati per sostenerli.Infine, parte dei sussidi viene trasferito ai viaggiatori Alitalia, nella forma di un prezzo dei biglietti che, per quanto elevatissimo rispetto ai concorrenti potenziali, è inferiore a quello che Alitalia sarebbe costretta a praticare se non godesse dei sussidi. Ancora una volta, del trasferimento gode chi può permettersi l'aereo, a discapito di chi non può permetterselo. Ne è escluso chi si ingegna per cercare di volare con le compagnie low cost.
Questa follia in nome di cosa? L'aria fritta (vettore nazionale, campione nazionale, compagnia di bandiera) nasconde in realtà cose più concrete: interessi concentrati (dipendenti, fornitori, creditori, clienti di Alitalia) che hanno il sopravvento sugli interessi diffusi, quelli della generalità dei contribuenti e dei consumatori.Provando a trarne una morale: molto spesso l'alterazione ad opera della politica dei meccanismi concorrenziali viene giustificata con l'esigenza di correggere le pretese iniquià distributive che sarebbero conseguenza di quei meccanismi. Quasi sempre, e sicuramente nel caso dei sussidi ad Alitalia, gli interventi della politica nostrana producono lo splendido effetto di ostacolare il funzionamento della concorrenza e di peggiorare la distribuzione dei redditi, come farebbe un Robin Hood con le polarità invertite.Ne soffrono, insieme, efficienza e giustizia. Se lasciamo fare a questa politica, il peggior mondo possibile "si può fare".
TALE




-->

giovedì 22 maggio 2008

CRONACHE DA MONTESILVANO


Cronache da Montesilvano



Scritto da Luca Tentellini
Tuesday 20 May 2008

Pescara
Negli scorsi 17 e 18 maggio si è svolto a Montesilvano, presso Pescara, un Convegno della parte liberale del PdL. Eccone un breve resoconto.
“Parlare di corrente nel Pdl sarebbe un’autentica sciocchezza. L’obbiettivo è costruire una rete ed imparare a fare squadra, evitando inutili personalismi concentrandosi invece sulle politiche concrete.” Così il direttore dell’Opinione, Arturo Diaconale, in conclusione del meeting di due giorni tenutosi in Abruzzo, a Montesilvano, che ha raccolto numerose personalità e militanti di area liberale provenienti da tutte le regioni italiane. Gli ha fatto eco Marco Taradash il quale, tratteggiando le linee guida di un percorso che vedrà la “parte liberale” del Pdl impegnata, già nelle prossime settimane, prima a Genova sul tema del libero commercio e poi a Roma per un confronto con la “parte liberale” del Partito democratico, ha precisato: “Siamo e saremo militanti del Popolo delle libertà, un partito nuovo, tutto da costruire insieme, sotto l’indiscussa leadership di Silvio Berlusconi. Deve essere chiaro che il confronto interno al Pdl dovrà comunque sempre esitare e confluire in una politica unitaria, da tutti sostenuta e condivisa che viene incarnata nella persona del leader”. Taradash ha poi osservato che: “Se tanti sono convenuti qui, è evidente la nostra insopprimibile volontà di esprimere militanza politica e di ricostruire adeguati spazi e strumenti di apertura alla partecipazione diretta dei cittadini alla politica, che è risultata assente negli ultimi quindici anni.” La necessità di evitare che il costituendo Pdl veda il formarsi di fazioni interne è stata ripresa anche dal Peppino Calderisi, esponente dei Riformatori Liberali e deputato eletto nelle file del Pdl: “Abbiamo l’occasione storica di instituzionalizzare il bipartitismo delineatosi in quest’ultima tornata elettorale” Calderisi ha evidenziato che, con la modifica dei regolamenti parlamentari è subito possibile consolidare il nascente bipartitismo, un sogno a lungo coltivato. Bisogna invece guardarsi da improvvide riforme della legge elettorale e dalla reintroduzione del voto di preferenza che, nel quadro attuale, farebbe rinascere la passata frammentazione del sistema politico con il prevalere di correnti e fazioni interne ai partiti maggiori, le quali si spartirebbero ferocemente il finanziamento alla politica e le quote di potere. Il leader dei Riformatori e deputato Pdl, Benedetto della Vedova ha invece esposto il percorso che vedrà confluire l’esperienza dei “salmoni” nel Pdl mediante lo strumento di una Fondazione, un laboratorio politico liberale con il compito di praticare l’ermeneutica sulla base delle politiche concrete, in uno spirito di pragmatismo fattivo, con un occhio privilegiato all’economia e alla biopolitica. Della Vedova ha messo in guardia dalla velleitaria coltivazione delle “identità” e ha invitato a puntare sulla offerta politica concreta, la base sulla quale si costruiscono le leadership vincenti. Il quadro offerto da Della Vedova è di un liberalismo pienamente inserito nel Pdl e lealmente competitivo sul piano del confronto dialettico tra le migliori “offerte” politiche. I saluti ai convenuti, giunti dal Senatore Gaetano Quagliarello della fondazione Magna Charta, sembrano preludere ad un produttivo confronto e il messaggio interlocutorio del portavoce di Forza Italia, Daniele Capezzone, segnala il rilievo politico del convegno di Montesilvano. Nel corso della “due giorni” della “Parte Liberale” Arturo Diaconale ha aperto i lavori sottolineando che, l’idea di uno scontro Tremonti versus i liberisti è una sciocchezza. “Sono la pluralità di voci e idee che devono circolare e noi ci dobbiamo rivolgere anche a coloro che liberisti o liberali non lo sono mai stati e dobbiamo convincerli che liberale è parte del percorso che deve compiere questo paese. Il nostro è un liberalismo realista; dobbiamo essere pragmatici e farci sentire per poter incidere, non possiamo non essere dentro il Popolo delle Libertà. Noi liberali siamo una parte determinante, come anche ha detto Berlusconi.” – Ha esordito Diaconale – “Si evitino i passati errori di individualismo e si faccia più lavoro di squadra. Sono i corpi intermedi che devono dare spessore ed alimentare il dibattito democratico nel paese e sollecitarlo per creare il materiale sul quale il Parlamento poi dovrà e potrà scegliere.” Diaconale e Taradash hanno poi richiamato l’attualità politica, ove si scatena la stampa sulle nuove misure per la sicurezza, prima ancora che siano state prese, e si cerca di alimentare l’idea che questo governo sia animato da una vocazione forcaiola. Prima che se ne comprometta l’immagine si deve correggere questa distorsione e non si può sostenere che l’intervento di forza sia risolutivo per il problema sicurezza. Dagli interventi del Prof. Di Federico, di Mauro Mellini e di Emilia Rossi, è emerso che la Giustizia è il nodo principale che, se non viene sciolto, rischia di far affondare il paese. Ai partecipanti sono stati portati i graditi saluti del Senatore Andrea Pastore, coordinatore regionale di Forza Italia Abruzzo che ha tenuto a precisare: “Io credo che sia fortemente presente la cultura liberale in Forza Italia che è e rimane un partito liberale di massa e il Popolo della Libertà deve continuare ad esserlo.” Lo spirito che ha animato il dibattito generale, sembra confermare l’incipt di Marco Taradash: “Siamo persone che vogliono trovare il luogo per esprimere la volontà di partecipazione e di contributo. Il luogo di incontro tra liberali e moderati sia luogo dello stare insieme in una società per renderla più coesa ed anche più felice. Non vogliamo essere un contenitore chiuso; vogliamo partecipare alla costruzione del Pdl senza perdere l’identità e il conflitto di idee che crea coesione. Un partito moderno riesce a trovare il momento di coesione di mediazione nell’incontro avanzato di punti di vista diversi.”

mercoledì 21 maggio 2008

I clandestini esporiamoli in Spagna

Contrastare l'immigrazione clandestina con il codice penale è come spegnere un incendio con un ventaglio. Non serve a nulla, tranne che a dare lavoro agli avvocati (loro -io tra quelli- saranno contenti) ed agli uffici giudiziari e forze dell'ordine (che lo saranno meno).
La questione fondamentale alla base del problema immigrazione clandestina non è impedire che i clandestini arrivino, è trovare un modo legittimo ed efficace per mandarli via se violano le nostre leggi.
Infatti, non è possibile impedire che arrivino perché questa attività dovrebbero farla i Paesi da cui i clandestini partono che, ovviamente, sono Paesi su cui l'Italia non può esercitare alcun potere diretto. Certo, l'Italia può fare accordi con quei Paesi per favorire il contenimento dell'emigrazione, magari promuovendo investimenti che creino richiesta di lavoro locale, così che gli aspiranti migranti possano essere indotti a non partire, ma non molto di più.
Quando i clandestini partono non si possono ricacciare indietro, per due ragioni: se i clandestini sono in aree internazionali, in mezzo al mare Mediterraneo e, come normalmente succede, si trovano su bagnarole che stanno a galla per miracolo, scatta l'obbligo di assistenza per le nostre navi militari, ed i clandestini sono necessariamente portati in salvo in Italia. Se, invece, i clandestini si trovano già in Italia, non si possono rimpatriare per il semplice motivo che, nella maggioranza dei casi, sono senza documenti di identificazione e, quindi, non vi è la prova della loro nazionalità. Senza la prova della nazionalità nessun Paese straniero li accetta e, dunque, non possono che restare in Italia.
Come si vede, il problema è serio.
Ma si può risolverlo, con il buon senso, ma occorre superare degli steccati ideologici.
Il primo steccato ideologico è quello della punizione dell'immigrazione. Non serve a nulla, come già sottolineato. Chi emigra clandestinamente è, nella maggior parte dei casi, un disperato che non ha quasi nulla da perdere e non si farà certo impressionare dalla prospettiva di qualche mese in galera, vitto ed alloggio pagati.
Il secondo steccato è quello del furto di lavoro ai danni dei lavoratori italiani. I lavori a cui ambiscono i clandestini sono, nella maggior parte dei casi, lavori che gli italiani non vogliono fare: braccianti agricoli, muratori, manovali, badanti e collaboratori domestici. Per questi lavori vi è una domanda superiore all'offerta sul mercato del lavoro e, quindi, ben vengano i lavoratori stranieri a soddisfarla.
Superati gli steccati ideologici occorre il buon senso, e qui veniamo ad un punto critico, lo ammetto. La considerazione di partenza è che se non puoi combattere un avversario può essere conveniente allearcisi. L'applicazione di questo principio al caso specifico potrebbe essere quella di abolire qualsiasi tipo di barriera all'immigrazione, rendendo legale per tutti gli immigrati il soggiorno in Italia e consentendo a tutti di lavorare regolarmente, a condizione che gli stranieri immigrati si identifichino con documenti nazionali validi.
In questo modo, essendo stati preventivamente identificati, gli immigrati potrebbero essere facilmente rimpatriati tutte le volte che fosse accertato che hanno commesso reati. Il problema della sicurezza sarebbe risolto: al reato accertato sarebbe possibile provvedere all'espulsione vera, e non alla pantomima dei decreti di espulsione che restano carta straccia.
Senza contare che la regolarizzazione del lavoro di tanti immigrati inciderebbe positivamente sulle entrate dello Stato italiano.
Non ci sono alternative, salvo un'idea ribalda e vendicativa: espulsione di tutti i clandestini in Spagna, visto che da quelle parti sono così bravi a trattare il problema. Potremmo farlo, approfittando del trattato di Schenghen che ha abolito i controlli alle frontiere: gli spagnoli non si accorgerebbero di niente, almeno per un po', chissà poi cosa farebbero con i nostri stranieri, immigrati a casa loro?
Andrea Amati

mercoledì 14 maggio 2008

Importanti notizie!


Una “parte liberale” per il PdL

Scritto da Arturo Diaconale, Davide Giacalone, Marco Taradash
martedì 06 maggio 2008
La grande vittoria della coalizione guidata da Silvio Berlusconi alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile consente di sperare in un governo stabile ed impegnato a dare risposte concrete sulla questione cruciale dell’Italia di oggi: come riavviare il percorso di modernizzazione del paese in tutti i settori dove lo Stato svolge un ruolo essenziale - infrastrutture, servizi, regole.
Dalle grandi opere alla giustizia, alla sanità, al lavoro, alla formazione, il primo compito di un governo di impronta liberale dovrà essere quello di destrutturare tutto ciò che è pletorico, inefficiente, costoso e fa da barriera o freno all’espressione delle capacità individuali e delle risorse latenti nella società. L’affermazione del merito, della competenza, del rischio, è cruciale per la ripresa dell’economia e al tempo stesso per ricostruire una coesione sociale intorno a istituzioni oggi vissute come vincoli piuttosto che come giunture essenziali della comunità. Lo Stato appare oggi come una tassa ingiusta onnipresente e invadente. Ridimensionare lo Stato dove è abusivo apre la possibilità di rafforzarlo dove è necessario.In pratica, più stato essenziale, più mercato libero. Questo l’impegno fondamentale che la parte liberale del paese richiede al Popolo della Libertà e ai suoi alleati.Noi guardiamo con fiducia e ottimismo al nuovo governo. Ma abbiamo ancora più fiducia nei meccanismi di controllo e di impulso che possono garantire una partecipazione effettiva dei cittadini alla vita politica del paese. Per questo abbiamo visto con soddisfazione la nascita del Popolo della Libertà, come area d’incontro di tutti coloro che si richiamano, nella loro azione politica, agli assetti istituzionali liberaldemocratici e a una cultura politica volta a privilegiare l’affermazione e la difesa della libertà individuale in ogni campo e la solidarietà con le grandi democrazie liberali del mondo. Ma la politica è fatta di scelte concrete, di opere, di soluzioni. Politica è fare scelte. E sappiamo tutti che le scelte di fronte alle quali si troverà subito il nuovo governo non saranno indolori, spesso appariranno impopolari, provocheranno la reazione di tutti i gruppi di poteri minacciati dalla liquidazione di rendite e privilegi. Per questo riteniamo indispensabile per il successo dell’azione di governo che sia data voce all'interno del nuovo partito a quella “ parte liberale” della politica italiana che è già presente trasversalmente nelle forze politiche che hanno avviato la costituzione del PDL, ma che troppo spesso in passato è stata relegata, così come è avvenuto sul fronte opposto, in un ruolo più di testimonianza che di direzione. Oggi che si avvia il processo di costruzione formale del Popolo della Libertà vogliamo dare il nostro contributo a che nasca un soggetto aperto, ospitale, democratico ed in grado di assicurare a tutte le sue componenti di essere parte attiva nella costruzione di un futuro di libertà e di crescita per il paese. Senza una “parte liberale” è impossibile realizzare una “ rivoluzione liberale”.